Parto dal titolo, cercando di svelarne l’apparente stranezza, in questo contesto.
Il termine “globalizzazione”, usato ormai ovunque e da chiunque, reca in sé il concetto di avvicinamento tra mondi lontani, di facilità nelle relazioni sociali, arrivando sino ad una sorta di interdipendenza.
Tutto ciò è riferito al campo economico, sociale, culturale e ideologico, con lo scopo di uniformare, superando barriere fisiche e metafisiche.
Tutti prevedono, inveiscono o gioiscono, ma nessuno è capace di dire dove realmente andremo a finire.
Assistendo al concerto di Alba, il 23 aprile scorso, mi sono fatto un’idea precisa (magari forzata dal mio stato di “addicted to music” ) di cosa voglia dire esperienza musicale globalizzante.
Nella musica, se è solo la musica l’oggetto, tutto è possibile e trovo conferme su conferme a concetti in me radicati, esprimibili con la seguente frase di sintesi:” La musica è in grado di abbattere ogni tipo di barriera”.
Non è una novità vedere artisti differenti su di un palco, e le collaborazioni, le jam più o meno estemporanee, sono sempre state elemento fondamentale delle rappresentazioni rock.
Ma non è nemmeno scontato che musicisti di valore, magari con passioni e passato comune, debbano necessariamente avere unità di intenti.
L’ultima convention dei Jethro Tull , ad Alessandria, ha evidenziato tante cose pregevoli, ma ha anche dimostrato a noi fan presenti, che la “formazione” sul palco deve tenere conto di equilibri che spesso non hanno niente a che vedere con la musica, e la gestione degli uomini, come spesso accade nella vita di tutti i giorni, diventa la vera difficoltà del momento.
Ad Alba ho visto la perfezione di intenti che sintetizzerei con lo slogan: “un unico obiettivo per tutti”.
Ecco svelata l’idea del titolo iniziale.
Il risultato è stato grandioso, sottolineando che per me la grande performance non é quella tecnicamente perfetta, ma quella che ti lascia qualche brivido alla fine del bis, quella sensazione di leggera ebbrezza con cui si convive per tutto il viaggio di ritorno.
Io questa euforia l’ho mantenuta da Alba a Savona.
Ma chi c’era sul palco?
Basta suspence.
Il cartellone prevedeva l’esibizione della Beggar’s Farm, come spesso accade con Clive Bunker, con l’aggiunta di due pilastri del prog italico, dall’illustre passato e dal luminoso presente: Rodolfo Maltese e Bernardo Lanzetti.
Prima di parlare dell’aspetto musicale vorrei raccontare la mia sorpresa al cospetto dell’organizzazione, che fa capo ad un club di fan dei Jethro Tull , la maggior parte dei quali, della città di Alba.
Avevo letto e sentito di “appassionati tullici”, in quella zona, ma mi ero fatto l’idea di una piccola entità tenuta unita dal solito collante che noi amanti dei Jethro conosciamo.
E invece ho trovato qualcosa di molto organico, e sono rimasto sorpreso nel sapere che quello che pensavo fosse un gruppetto è in realtà formato da 129 persone (io sono stato il 130esimo ad iscrivermi).
Grazie all’intraprendenza di questi “soci”, il fanclub si muove in maniera autonoma, organizzando eventi “privati”, più volte nell’arco dell’anno.
In questo caso specifico l’evento è stato identificato come “Tribute Festival”, all’interno del contesto “VINUM” e si è svolto all’Auditorium Fondazione Ferrero.
Sottolineare che l’ingresso era gratuito mette in rilievo la capillare cura dei particolari organizzativi.
Complimenti!
Un po’ di cronaca.
Arrivo un ‘ora prima del concerto e contatto Wazza Kanazza, in bilico tra la passione Jethro e quella Banco.
Mi introduce nei meandri del backstage e saluto Franco Taulino e Andrea Vercesi, i Beggar’s che conosco personalmente, e Wazza favorisce il mio contatto con Rodolfo Maltese e Bernardo Lanzetti, mentre Clive Bunker è in un angolino a ripassare i passaggi di cui sarà protagonista di li a poco.
Ecco qui un altro aspetto della globalizzazione a cui accennavo, fortemente influenzato dalle nuove tecnologie!
Mi trovo davanti personaggi di cui mi nutrivo attraverso le pagine di Ciao 2001, inarrivabili, lontani continenti da me. Ora è possibile scambiare due parole, incrociare le mail e strappare la promessa di un’intervista futura.
Persone semplici, nonostante facciano parte della storia della nostra musica, e questo la dice lunga sul lato umano.
Il teatro contiene forse 300 persone e i posti sono quasi tutti occupati.
Mi siedo molto decentrato, in galleria, in una posizione adatta alla realizzazione di qualche ripresa video, ma la visuale è ottima ovunque.
Ritorno al titolo.
L’idea che mi ero fatto, leggendo i nomi degli artisti, era quella di esibizioni separate, stratificate per genere, con qualche occasionale compartecipazione, magari alla fine.
E invece no.
Non ho visto nessun tributo ai Jethro Tull, ma ho visto un più elevato tributo alla musica prog, con la miscela tra frammenti storici italiani e andersoniani.
Nonostante Taulino a fine concerto mi abbia detto di aver avuto poco tempo per provare, tutto sembrava molto ben studiato nei minimi dettagli. Forse è normale che dei professionisti raggiungano l’intesa in poco tempo, ma a me non sembra una cosa scontata.
Il nocciolo duro on stage è rappresentato dalla Beggar’s, davvero professionali nell’oscillare tra i vari repertori, e la giovane fiatista presente in un paio di brani contribuisce con gusto alla loro realizzazione .
Lanzetti provoca i primi brividi quando inizia con : “…Can you tell me where my country lies…”
Chiudo gli occhi e ritorno indietro nel tempo!
Grande emozione per una voce che reputo tra le migliori, e non solo entro i nostri confini.
Si prosegue con altri brani Genesis (Firth of Fifth) , PFM( Traveler, Chocolate King e Impressioni di Settembre), Lanzetti (The Battle), BANCO (Non mi Rompete, R.I.P., E mi Viene da Pensare) , il tutto infarcito da canzoni dei Tull( Serenade to a Cuckoo, Bourèe, Aqualung).
Sembrerebbero “episodi” entro la norma, ma non è così.
Sentire R.I.P., per esempio, con Bernardo alla voce, Clive che aumenta il ritmo come un forsennato mentre Rodolfo lo osserva tra lo stupito e il divertito…non è cosa da tutti i concerti!
Vedere Maltese che suona la chitarra in Aqualung è fatto almeno inusuale!
E pensare a Bunker impegnato in passaggi “morbidi” in Impressioni di Settembre è un altro miracolo!
PFM, BANCO, Jethro Tull, Genesis… la “nostra “ musica più cara rimescolata e distribuita ad attori diversi, che la apprezzano, e la restituiscono carica di significati.
Questa è la globalizzazione che ottiene successo!
E in tutto questo c’e’ lo spettacolo, c’è Clive che scimmiotta se stesso, e c’è un Bernardo Lanzetti che incita il pubblico, esageratamente composto, e si dimostra un uomo da palcoscenico.
Grande novità per me l’impiego del Glovox, uno strumento che richiede l’utilizzo di un guanto collegato elettricamente ad un collare che sfrutta le vibrazioni delle corde vocali e le trasforma in suoni inusuali.
La regia è ben salda nelle mani di Franco Taulino, flautista, cantante, ma non solo.
Oltre al già citato Andrea Vercesi alla chitarra acustica, sul palco c’erano Marcello Chiaraluce alle chitarre, Kenny Valle alle tastiere, Andrea Garavelli al basso e Sergio Ponti alla batteria.
Dopo i ringraziamenti dell’organizzazione il bis di rito, e lo spettacolo si conclude con Locomotive Breath.
La magia finisce, tutti sono soddisfatti e si apre una bottiglia per brindare al successo dell’evento.
Forse è stata aperta una nuova strada, o più semplicemente è stata vinta una piccola sfida.
Ci si muove spesso con motivazioni differenti, ma in questo caso nessuno, credo, abbia da lamentarsi del risultato finale.
Tempo permettendo, mi aspetta un altro “Beggar’s+ Clive “ ad Arenzano, a due passi da casa, Teatro Italia all’aperto, dopo pochi giorni.
Saluto prima di congedarmi e racconto a Bernardo di averlo visto a Genova, nel ’73, con gli Acqua Fragile, spalla dei Gentle Giant, e lui” ..ma allora ti ricorderai che in quell’occasione ho mandato a quel paese…”
Bella serata… davvero una bella serata!