Agli inizi degli anni Settanta,
momento di più intenso fermento della scena progressive in Italia, mossero i
primi passi gli Acqua
Fragile, quintetto composto da Bernardo
Lanzetti (voce), Gino Campanini (chitarra),
Maurizio Mori (tastiere), Franz Dondi (basso) e Piero Canavera (batteria), nato come
evoluzione de Gli Immortali. Dopo aver raccolto i primi successi dal vivo,
vennero notati dai membri della Premiata Forneria Marconi e ben presto il
manager di questi ultimi, Franco Mamone li accolse nella sua scuderia,
aprendogli la strada a diversi concerti come supporter di gruppi come Soft
Machine, Uriah Heep e Gentle Giant. Di lì a poco, nel giugno del 1973, diedero
alle stampe il loro primo album omonimo, ancora oggi considerato un vero e
proprio gioiello, presentando testi in inglese e sonorità che rimandavano al
prog inglese. Tuttavia, nonostante fosse stato pubblicato dalla storica
etichetta Numero Uno, ebbe una distribuzione limitata e non riuscì ad
eguagliare i successi di Premiata Forneria Marconi, Orme e Banco Del Mutuo
Soccorso, all’epoca mattatori della scena rock di casa nostra. In ogni caso, il
disco ricevette ottimi consensi da parte della critica e rappresentò una ottima
base di partenza per il loro disco successivo “Mass Media Stars” del 1974 che
ebbe una diffusione migliore anche sul versante internazionale ed in
particolare in Giappone dove raccolse un sorprendente successo. La parabola del
prog-rock era però prossima ad avviarsi verso la sua fase discendente e, così,
anche l’esperienza degli Acqua Fragile giunse al capolinea nel 1975 con
l’abbandono del gruppo da parte di Bernardo Lanzetti, diventato nel frattempo
il cantante della Premiata Forneria Marconi. Nonostante ciò, quei due splendidi
album sono rimasti nella memoria di molti appassionati insieme a “Live in
Emilia” del 1991, unico documento dal vivo del gruppo nel quale erano contenute
le registrazioni di uno degli ultimi concerti del 1975. A distanza di oltre
quarant’anni dallo scioglimento del gruppo, Bernardo Lanzetti si è ritrovato con
il bassista Franz Dondi e il batterista Pietro Canavera, riportando alla luce
lo storico marchio con la pubblicazione dell’inatteso comeback album “A New
Chant”, uscito lo scorso anno per la storica etichetta inglese “Esoteric”.
Complice il concerto antologico-celebrativo “Vox 40” andato in scena nel maggio
del 2013 a quarant’anni dalla formazione del gruppo, tutti e cinque i
componenti originali si sono ritrovati sullo stesso palco e, successivamente, è
stata ripresa l’idea a lungo coltivata di Dondi di riunire gli Acqua Fragile
per un album di brani nuovi. A sviluppare il progetto è stato Lanzetti con il
progetto Greater Acqua Fragile che vedeva la line up arricchita da alcuni
ospiti in qualche modo collegati alla band come il batterista Alessandro Mori,
figlio di Maurizio, Alessandro Sgobbio al sintetizzatore già con Acqua Fragile
Project, Michelangelo Ferilli alla chitarra, il polistrumentista Alessandro
Giallombardo, i Tango Spleen e il batterista Jonathan Mover. Pian piano hanno
preso vita gli otto brani che compongono il disco alla cui scrittura hanno
contribuito Andrea Anzanldi e Nick Clabburn, e di lì a poco ha preso vita il
disco che è stato registrato presso l’Elfo Studio di Tavernago (Pc) che ne ha
firmato la produzione con il suo sound engineer Alberto Callegari. Aperto dalla
splendida “My Forte”, un brano di grande pregio che si snoda in un crescendo
strumentale che arriva a lambire echi di tango nel dialogo tra il bandoneon e
gli archi, il disco entra nel vivo con “The Drowning”, scritta da Lanzetti su
testo di Nick Clabburn, e che idealmente rimanda a certe atmosfere dei Van Der
Graaf Generator, ma è con “Wear Your Car Proudly” che si torna a respirare
l’aria dei primi album di Acqua Fragile con la linea melodica guidata da
sintetizzatori e chitarre che si muovono su metriche dispari e cambi di tempo
di grande impatto. Il piacevole intermezzo in italiano della confessionale “Tu
per lei” ci apre la strada alla evocativa “Rain Drops” con gli archi in grande
evidenza nell’incorniciare la tessitura melodica. Si prosegue prima con la
trascinante “All Rise” e poi con “How Came”, altro brano firmato da Lanzetti,
che ci regala una delle più intense prove vocali del disco con la voce del
frontman che rimanda direttamente ai tempi della sua permanenza nella line-up
della PFM. L’elegante architettura strumentale della title-track suggella un
disco che riannoda i fili del tempo consegnandoci una band ancora in grado di
fare grande musica e regalare emozioni agli appassionati di prog e non solo.