Maurizio Pisati: U-CABARET
Rehearsals and excerpts from the concert
Two voices, mechanical puppets, instruments,
electronics
MILANO, Palazzina Liberty
18.04.2007
- MusicaRealtà2007
U diventa Cabaret / Invenzione /
Viaggio utopico / Teatro dei segni
• U diventa Cabaret
U è il titolo di una precedente composizione per Ensemble, nata come
ulteriore e personale riflessione sulle lingue
cosiddette Utopiche -ma anche fantastiche e immaginarie, talvolta solo narrate,
talaltra praticate da una cerchia di eletti- a partire da quella di Thomas More
proprio in “Utopia”, dove compare un unico pensiero scritto nella nuova lingua,
poi così tradotto: Libenter impartio mea, non gravatim accipio meliora.
(Volentieri dico ciò che ho fatto, senza ripugnanza accetto cose migliori). In quella prima composizione U era un
suono, un gesto della mano, una movenza del corpo. Ora, in U-Cabaret, quel
suono viene evocato dall’elaborazione elettronica e reinventato assieme ad
altri strumenti reali e immaginari: i gesti del dire e del suonare si fanno
drammaturgia, la recitazione reinventa la lingua, la lingua svela un suono e
assieme costruiscono la partitura. Un
continuo scambio di ruoli che per sua natura ingenera travisamenti e inciampi,
scivolate e disorientamenti, sorprese, insomma: un cabaret.
• Invenzione
Il rapporto musicista-pubblico è spesso ridotto alla
generalizzazione datore-fruitore, uno stereotipo a senso unico come sovente i
rapporti insegnante-allievo, servizi-utenza, datore di lavoro-operaio,
palinsesto tv-audience e così via. Si
evidenzia cioè solo la superficie, la relazione tra un ripetitore e un
ascoltatore, un manuale di istruzioni scambiato per un libro. Cos’altro si può fare, invece? Intendo
dire: cos’altro possiamo intravedere, in questi rapporti, che ci riconduca alla
loro origine di relazioni vicendevoli e fruttuose, arricchite cioè del valore
dell’Invenzione?
• Teatro dei segni e dei gesti del suonare
Intanto proviamo a ricreare sul palco una relazione
dinamica tra soggetti in apparenza contrapposti, o tra una parte più umana e
una più meccanica, a leggere tra le righe e vivere un testo -in questo caso Il
Giocatore di Scacchi di Maelzel, di E. A. Poe- come la rappresentazione di più
esperienze parallele. In scena
quindi il racconto viene recitato, suonato, tradotto, il suono è talvolta solo
mimato: un teatro immediato e uno parallelo di gesti del suonare, la
recitazione di automatismi, così come il suono del racconto vocale senza
parole.
• Viaggio Utopico
Sarà un breve viaggio in cerca di quei segni di utopia nascosti (tra le
righe, appunto) che ogni scrittura porta con sè. La scrittura il più delle volte segue
un pensiero, ma il pensiero non necessita della scrittura per trovare
compiutezza. Forse un monaco orientale calligrafo, o un bambino, vedono nascere
assieme pensiero e segno. Il monaco, dopo lungo pensare e poi non pensare,
ritrovando non già un significato ma un respiro. Il bambino girovagando tra le
immagini mentali, mentre muove la mano che è già un segno. In U-Cabaret i due personaggi si
segnano e pensano vorticosamente, si scambiano le battute, si imitano,
ammiccano, ricalcano i gesti strumentali e i suoni degli oggetti, evocano
scenari acustici, i loro movimenti perturbano l’aria, gli stessi gesti delle
mani dettano alla Voce virtuosismo e varietà, nell’ansia di diversificarsi
dall’automa. Il racconto di Poe
dimostra come il famoso Giocatore di Scacchi non potesse essere un automa ma
nascondesse in realtà al suo interno un essere umano. Così in U-Cabaret i ruoli si
intrecciano, o almeno si con-fondono, scoprendosi la voce umana ricca anche di
un’anima meccanica, mentre la meccanica rivela insospettabili respiri.
Maurizio Pisati