Tutto è iniziato da qui:
https://bernardolanzetti.blogspot.com/2021/01/la-risposta-di-franco-mussida-bernardo.html
E ora la nuova replica…
Caro Franco,
Bello questo poter dialogare e
toccare in rete un argomento così vitale.
Il tuo commento alla mia domanda - “E’
nata prima la poesia orale o l’organizzazione di suoni e di silenzi che oggi
chiamiamo musica?” - partendo con l’accenno alla “violenza”, a mio avviso,
si è un po’ deviato dall’ argomento principale, da te sapientemente esaminato e
teorizzato, che in precedenza mi aveva sollecitato.
Se mi è concesso, proverò a semplificare il tutto.
La musica è universale e non ha
bisogno delle parole e quindi della voce umana per raggiungere il suo nobile
scopo di nutrire anima e corpo. Preso in carico il tuono, il rumore della
pioggia e del mare, l’urlo del vento e dell’animale ferito, non può essere vero
che sia stata la voce umana, il primo strumento musicale, prima ancora del
tamburo? Non è forse vero che il tono, il ritmo, l’estensione, le sospensioni,
il controllo del volume, il glissato, il vibrato, il tremolo, i fraseggi e
tanto altro sono propri della voce umana, del suo “parolare”, e in seguito la
musica ha costruito la sua architettura con questi stessi elementi?
Pur logico e appassionato, trovo un po’
crudele il tuo eliminare la voce e le parole dalla piattaforma musicale, anche
comprendendo che l’ascoltatore medio è più influenzato dalle parole che dalla
musica perdendo grandi occasioni di venire investito, accarezzato e permeato da
vibrazioni sublimi.
Io non ho certezze come le tue ma
credo che la “Poesia Orale”, quella per cui Bob Dylan ha preso il Nobel, sia
rintracciabile in tutta la musica perché nessuna composizione può sfuggire a
una forma di narrazione, sia essa minimale o epica, con preludio, intro,
svolgimento, ripresa e finale, articolazioni e geometrie così già presenti in
Omero.
Recentemente ho sentito alla radio
Gegé Telesforo, vocalist ed esperto di musica, porre all’audiologo/foniatra e
cantante Diego Cossu la seguente domanda: “Perché i musicisti odiano i
cantanti?”
Non sono riuscito a sentire la
risposta perché, dentro di me, sghignazzavo scompostamente per la simpatica
crudezza del quesito.
Tuo ammiratore già dal concerto di
Bologna prima dei Deep Purple e sorpreso e conquistato dal tuo percorso
musicale e artistico degli ultimi anni, ringraziando per lo spazio che mi hai
concesso all’interno delle tue esposizioni, confesso che di essere stato
turbato dal tuo citare, non così positivamente, i distanti Joan Baez e Bob
Dylan quando Mogol e De André erano già in casa.
Cari saluti,
Bernardo