mercoledì 28 settembre 2011

Convention Itullians 2011 (Cortemaggiore)




Ancora una volta mi appresto a commentare “la mia Convention Itullians”, la terza dopo Novi L. e Alessandria.
In questi casi le opinioni sono sempre molteplici, differenti i pensieri e gli stati d’animo, perché ci sarà sempre qualcosa che si giudica meglio o peggio della volta precedente, esisteranno sempre lamenti ed eccessi di gioia, ma ogni piccola testimonianza rappresenta un valore aggiunto, un tassello all’evento per eccellenza del Fan Club Itullians, e magari sarà un prezioso aiuto per chi si dedicherà alle organizzazioni future. Occorre comunque riflettere sull’impegno che una Convention richiede, lavoro estenuante e stressante (di pochi) di cui non si ha quasi mai la corretta visione, ma che io credo di comprendere, e questo risulta alla fine determinante e mi permette di entrare felicemente nella categoria dei fan contenti e soddisfatti … a prescindere.
Tutto ciò non mi può impedire di raccontare il vissuto, con le differenziazioni e i distinguo del caso, paragonando il tutto alle manifestazioni precedenti a cui ho partecipato.
La locazione scelta per questa data di fine settembre è stata il Fillmore di Cortemaggiore, a Piacenza, spazio storico per gli appassionati di un certo tipo di musica.
Il programma prevedeva un’apertura al pubblico alle 18, per favorire l’incontro tra fan, vecchi e nuovi, l’acquisto di eventuali documenti “storici” del mondo tulliano e, attraverso l’angolo del merchandising, appropriarsi dei ricordi tipici delle Convention.
A seguire un ricco buffet.
Di fatto il Teatro è costituito da galleria, platea e, all’interno, ampio angolo bar per la socializzazione del caso, e tutto mi pare abbia funzionato correttamente.
Per quanto riguarda il cuore della serata, la musica, è stata creata una barriera temporale tra l’esibizione di Ian Anderson (e band) e ospiti (o padroni di casa, a seconda dei punti di vista).
Alle 21 si inizia infatti con la Beggars’ Farm al gran completo (e qualcuno in più) che verrà arricchita dalla presenza di alcuni amici consolidati : Clive Bunker, Bernardo Lanzetti e Lincoln Veronese.
Dalle 22.45 il palco è stato consegnato a Ian Anderson nella sua versione acustica, con John O’Hara e Florian Opahle. Anche in questa seconda parte un paio di ospiti, ancora Lanzetti e poi la sconosciuta Eva Basteiro-Bertoli, non inserita nel programma ufficiale.
Sono rimasto molto soddisfatto da ciò che ho ascoltato.
Conosco perfettamente i contesti in cui si muove Franco Taulino, leader della Beggar’s, e parlare di qualità diventa superfluo, seppur piacevole. Ogni spettacolo da lui confezionato assieme ai “suoi” musicisti e ai suoi “invitati” è una garanzia di successo, e sottolineo che ciò non si ottiene con la sola tecnica, seppur raffinata.
Repertorio Jethro, tranne in un’occasione, quando Bernardo Lanzetti ci riporta alla PFM con Chocolate Kings.
Ma ho rivisto con piacere Lincoln Veronese che mancava dalla Convention del 2006 a Novi Ligure. Non si è limitato a cantare e suonare la chitarra, ma ha aggiunto (novità per lui) il mandolino con cui si è esibito in due brani (ho perso il primo, ma ho ascoltato una bella versione di “Love Story”).
Bunker non stupisce più, anche se resta da chiedersi dove trova una simile energia alla veneranda età di 65 anni… picchia sulle pelli e non sui tasti di un piano!
Si spazia dal repertorio più “epoca Bunker” sino a quello meno antico, per terminare con Dharma for One che consente a Clive di esibirsi nel solito assolo ad effetto.





Pubblico incandescente e… surriscaldato, per effetto di un caldo “tropicale” e un deficitario ricambio d’aria.
Il passaggio tra la prima parte di spettacolo e la seconda permette quindi di rinfrescarsi e reintegrare i liquidi.
Dalla mia postazione di favore, quasi a contatto col palco, ho seguito i dettagli, come mai mi era capitato e ciò ha avuto enorme valore quando Ian e soci sono arrivati on stage.
Non avevo mai visto Il gruppo versione acustica, ed è stato piacevole. Per diversi motivi.
Intanto sottolineo che la rivisitazione di brani che ascolto da anni in modo tradizionale mi ha pienamente convinto. Un esempio su tutti è Locomotive Breath, brano che viene propinato in ogni concerto come bis e che faccio estrema fatica ad accettare. Il “vestito” acustico ha donato nuova linfa e ho ritrovato una certa voglia di ascolto. Ma acustico non significa privo di ritmo (preoccupazione di molti), e molti tools sono stati aggiunti agli strumenti tradizionali, come il tamburello sotto al piede di Anderson, o una discreta serie di piatti e piccole percussioni al contorno delle tastiere (più uno strano strumento/ giocattolo utilizzato da O’Hara in “Up The Pool”). Non posso dimenticare il contributo percussivo di Ophale.
E proprio quest’ultimo è stato per me sorprendente. Sapevo della sua giovane età e della sua provenienza(Germania), ma non lo avevo mai visto dal vivo. Mi è sembrato mostruosamente bravo, tecnico, fantasioso e a proprio agio col classico/acustico, nonostante l’amore metal.
Fantastici i fraseggi con Ian e sorprendente la sua semplicità d’esecuzione, tanto che, osservandolo da vicino, dimostrava un’assoluta disinvoltura, da artista consumato che non conosce la tensione da palco.
Che dire di Ian. Sempre il solito istrione con poca voce, giocherellone e fantastico musicista; detta i tempi ma lascia spazio agli altri, persino ad un divertito Lanzetti che con la band propone Impressioni di Settembre.
Il successo di pubblico è stato tale che ho subito malignamente pensato ad un po’ di disappunto di Ian ( che notoriamente è il re del palco), ma Bernardo mi ha rimesso sulla buona strada dicendo:” ma noo… mi ha persino richiamato per i saluti finali!!”
Un piccolo aneddoto (quelli che di solito piacciono…) riguarda l’incontro pomeridiano tra i due. Lanzetti era stato istruito a dovere sulle piccole manie del nostro flautista e quindi … non gli ha porto la mano, ad esempio. Ma anche Ian si era cimentato in qualche ricerca “googleando “ Lanzetti, preoccupato dal fatto di trovarsi davanti un… settantenne. Piena intesa alla fine sul palco e simpatico il siparietto del “gomito a gomito”.
Torno alla musica e a O’Hara, spesso bistrattato, ma dall’atteggiamento tecnico pregevole. E’ vero… a volte sembra capitato sul palco per caso, con l’aria un po’ sognante, ma mi è apparso come “l’uomo giusto al posto giusto”.
Mi è sembrata in chiaro disagio la giovane Eva. Nessuno, salvo gli addetti ai lavori, sapeva della sua presenza. E’ salita sul palco presentando una sorta di autogiustificazione ironica, essendo conscia, credo, che nelle occasioni precedenti gli ospiti si chiamavano Barlowe, Pegg, Conway e persino Jeffrey Hammond.
Due brani, il primo, senza nome, tutto suo, arrangiato da Ian e soci, e come seconda proposta The Poet & The Painter. Bene il lato compositivo (ho riascoltato il pezzo anonimo e mi piace), ma carente l’aspetto vocale per effetto, forse di una tonalità inadeguata.
Sbagliato il contesto (anche se Eva era già presente alla Convention spagnola)… gli afecionados delle convention e dei Tull in genere non hanno compreso.
Brani rivisitati dicevo, come Aqualung e Bourèe, ormai standardizzati e in questa occasione tornati “freschi”.
Cento minuti, questa la durata di una performance che potrebbe l’unico futuro di Ian.
E lui come è stato? Verso la fine si è preoccupato di persona di andare a redarguire, con flauto e occhiatacce, un giovane un po’… alticcio che in piedi, attaccato al palco si rivolgeva al pubblico incitandolo con un improbabile : ” … stand up!”. Nessuno ha seguito il suo consiglio e l’uomo si è dileguato, forse convinto dall’avvicinarsi di una minacciosa montagna vivente.
E poi, sorpresa delle sorprese, si è fermato sul palco è ha distribuito autografi e si è fatto fotografare (e Gian Piero Chiavini ha perso il sonno dopo la conquista!) con insolita disponibilità.

Conclusioni e pensieri.

Detto della musica occorre spendere qualche parola sul contorno, cioè su quello che rappresenta veramente una Convention che dovrebbe riunire fan che si reincontrano o si guardano negli occhi dopo una lunga conoscenza virtuale, o si ritrovano casualmente, spinti dallo stesso obiettivo.
Personalmente mi è mancato un po’ il contatto che iniziava con i concerti del pomeriggio (parlo di Novi e Alessandria), momenti supplementari che favorivano la socializzazione. Forse era anche alta la percentuale di chi era li per un concerto vicino a casa e non per la Convention… forse era anche poco simpatico il brusio di chi beveva e chiacchierava al bar mentre era in corso il concerto… ma sono piccole cose rispetto alla portata globale dell’evento.
Chi ha organizzato, Aldo Tagliaferro in primis, ha fatto dei miracoli che spero siano stati apprezzati.
Una via da seguire per il futuro potrebbe essere quella di avvicinare l’evento verso il centro Italia, nella speranza di coinvolgere anche i fan del centro sud.
Finale di serata in uno splendido castello trasformato in hotel, con nessuna voglia di dormire, e con tantaadrenalina ancora in corpo.
Qualche viso sarà per sempre associato alla Convention 2011… Ale Gaglione, Wazza e Gemma e i romani, Tagliaferro, Caterina, Valerio, Alessandro, Andrea, Fulvio, Marco, Bernardo, Amneris, Franco, Lincoln, Erica, Manuel, Giampiero, Carolina… al di fuor di retorica, una Convention è fatta anche di questo, piccole fotografie che resteranno per sempre!

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