martedì 27 agosto 2013

Mario Lanfranchi al VOX 40



Il VOX 40 ha avuto uno spettatore di eccezione che ho avuto l’opportunità di conoscere,  Mario Lanfranchi.
L’ho conosciuto sul palco, a fine concerto e, nonostante non sia più giovanissimo, la sua freschezza e il suo entusiasmo erano palesi.
Dopo qualche giorno abbiamo fatto una chiacchierata al telefono, incentrata sul VOX 40, perché non ho avuto il coraggio di proporre quel milione di domande che avevo in testa, e che sono certamente l’oggetto di centinaia di interviste concesse nella vita.
Lanfranchi è andato a ruota libera, soffermandosi occasionalmente sulla sua vita personale.
A seguire propongo l’estratto della nostra telefonata.
Come proporre una biografia dell’uomo? Non basterebbe un libro, per cui la sintetizzo con poche righe trovate in rete (per chi volesse saperne di più le informazioni sul web non mancheranno):

Mario Lanfranchi è stato uno dei più grandi registi d’opera del ‘900. Già in quei primissimi anni ’50 infatti, mentre mamma RAI era ancora una “bambina in fasce”, fu proprio lui a gettare l’idea di produrre l’opera in versione film, e da allora tale filone è diventato un “cult movie” che tutt’oggi viene portato avanti dalla televisione di stato.
Ecco quello che è emerso dalla nostra telefonata, iniziata con una richiesta precisa, il suo giudizio sul VOX 40:
Sono rimasto molto contento. Ho trovato questa mirabile commistione di classico e moderno, di rock e sinfonismo, molto intrigante ed entusiasmante; non sono a conoscenza di esperimenti di questo genere, penso sia una musica nuova, almeno così mi è parsa, e a parte la novità, è proprio il valore in sé, quello musicale, che colpisce, così come l’impatto sul pubblico, che mi è parso entusiasta di questo esperimento.
Nella mia vita ho militato e operato nella musica classica, ma sono cresciuto con una grande passione per il jazz, quando ancora non esisteva il rock; avevo un professore molto particolare di Lettere e Storia dell’Arte, al liceo, Attilio Bertolucci, poeta insigne, padre del mio futuro collega Bernardo Bertolucci, che ci ha instillato l’amore per il jazz; con quelle premesse, il ritrovarmi in America mi ha spinto a conoscere meglio questo nuovo fenomeno che era il rock. Sono sempre stato molto curioso di scoprire novità e questa musica trascinante mi aveva colpito, anche se ero già troppo maturo per realizzare qualcosa di pratico - anche perché ero ormai cementato in altri ambienti -  ma ho subìto una certa fascinazione; non era poi così facile avere accesso ai locali esclusivi di N.Y., dove si suonava jazz, mentre non mi sono trovato impreparato quando il rock è esploso e anzi, mi ci sono immerso.
Sono poi stato attratto, dal punto di vista meramente informativo, filologico, dai più creativi rockers italiani, e Lanzetti mi era parsa una voce singolare, un po’ diversa dagli standard del tempo, non solo come qualità di voce, ma proprio come presenza, un musicista con una sua impronta, una sua personalità, e forse per questo inserito in modo faticoso nelle band.
Oggi potrebbe avere una collocazione più classica, all’interno del mondo delle musica lirica. Prima non avrebbe potuto, perche forse non conosceva la sua voce, ma recentemente ho avuto l’impressione che abbia addirittura sviluppato il suo “strumento”, ed è sorprendente perché è abbastanza maturo, e quindi teoricamente incollato a certi moduli espressivi, anche tecnici, consolidati, e invece lui che è un ricercatore, uno studioso - anche di se stesso - ha tirato fuori questa voce formidabile… certamente sarebbe stato un grande tenore se avesse fatto musica lirica, su questo non ho nessun dubbio, con la possibilità di arrivare ad un repertorio lirico spinto, Verdi, Puccini...
Quando organizzavo spettacoli nella mia villa, assieme abbiamo messo in scena eventi creati da lui, serate che hanno entusiasmato il pubblico. Ho una villa antica che ho restaurato e tutti mi domandavano di poterla visitare e io negavo sempre il permesso, sino a che un giorno ho deciso di aprirla al pubblico una volta all’anno, offrendo dei concerti gratuiti, e tra questi il più penetrante è stato quello di Bernardo, che riempì il palcoscenico con i suoi enormi quadri.. davvero un artista a tutto campo, tant’è che lo coinvolsi in una cosa scritta da me, Processo a  Giulio Cesare, con attori molto bravi, e con lui nel ruolo di Vercingetorige, parte che ricoprì mirabilmente, finendo con una canzone selvaggia, quella di un guerriero sconfitto, ma non internamente… un numero drammatico, non musicale, di elevato livello, per me indimenticabile.
Le contaminazioni musicali viste al VOX40 non le avevo mai notate nel passato… molto ardite, efficaci, e lui ha il merito di avere costruito questo clima, questa temperie culturale e musicale… penso sia una cosa fantastica l’unione di arti differenti; io sono un uomo di cinema, contenitore che di per se stesso riunisce un po’ tutto… arti figurative, immagini, musica,  e quindi io sono intriso di questa filosofia, ma trasformare un concerto rock in un grande spettacolo così variegato è stata una grande invenzione e per me una bellissima esperienza.
La musica è stata la culla che mi ha dondolato. Mio padre era sovraintendente del Teatro Regio di Parma, che era un po’ il tempio della musica lirica e sinfonica, ed io sono cresciuto in questo clima musicale, che ha rappresentato per me un’iniziazione alla vita: i ritmi e le melodie mi hanno accompagnato sin dall’infanzia, tant’è che poi ho amato e sposato soprani, donne belle che però avevano questo strumento che ho chiamato  invisibile, la voce, che mi ha sempre affascinato, e che per me ha rappresentato anche sensualità, carnalità, un modo di vivere.