Acqua Fragile
Posizionamento nell' universo musicale,
parallelismi con la classica e
classica/contemporanea-osservazioni e commenti
di Riccardo Storti
di Riccardo Storti
Gli Acqua Fragile costituiscono sicuramente
una tra le più stimolanti esperienze musicali che la popular music degli anni Settanta
abbia saputo esprimere nel nostro Paese. L’elemento di fondo va individuato in
una corrente assai ricca di contaminazioni tra generi, il progressive rock.
Nato sul finire degli anni Sessanta in Inghilterra, il progressive rock,
inizialmente, cercò di incorporare forme espressive - importate (anche) dalla
tradizione colta europea – ben oltre i confini linguistici di propria
appartenenza. All’epoca, questa temperie, non ancora definita e definibile in
sede critica, assunse epiteti stravaganti ma – al tempo stesso – eloquenti
(rock sinfonico, pop barocco, art rock, etc.) e divenne, a poco a poco, un
punto di riferimento grazie alla produzione discografica di alcune fondamentali
band (King Crimson, Genesis, Yes, Jethro Tull, Gentle Giant, E.L. & P.). In
Italia fu, invece, con l’inizio degli anni Settanta, che il genere cominciò a
mietere seguaci, sulla scia di ensemble dai nomi pittoreschi ma dalle idee
molto chiare (Premiata Forneria Marconi, Banco del Mutuo Soccorso, Il Balletto
di Bronzo, Il Rovescio della Medaglia, Museo Rosenbach). In questo nutrito
novero è facile imbattersi anche negli Acqua Fragile. Date simili premesse, diventa quasi
automatico - anzi, naturale – intuire che il progressive rock fosse foriero di
composizioni complesse e articolate. Pur senza dimenticare la radice di quello
spontaneismo insito nella pratica rock, il progressive si abitua ad organizzare
le proprie intuizioni entro schemi formali ordinati. Il rispetto verso la
grammatica musicale non viene vissuto in nome di un’aprioristica tradizione, ma
semmai come un proficuo strumento volto a garantire ulteriore qualità a quanto
si possa approssimare su uno spartito. O meglio, su una partitura. È proprio
dalla partitura (ideale), in quanto specchio grafico delle singole voci, che bisogna partire per cogliere
gli svariati elementi sostanziali nell’opus dell’Acqua Fragile. [1]
Sinfonismo rock: la rock band come
l’orchestra. La grande utopia del progressive, da scorgere, soprattutto, nel
gioco coloristico delle tastiere. Quelle di ieri (il pianoforte e il
clavicembalo), quelle di oggi (il mellotron, i sintetizzatori Moog, Arp e VCS3
e l’organo Hammond). Inoltre, in studio, grazie alle sovraincisioni, si possono
duplicare “voci”. E l’utopia sembra quasi farsi realtà. Ma non è solo una questione
di colore. E la scrittura dove la mettiamo? Temi che, suonati dal “tutti” della
band, hanno un sapore tipicamente orchestrale: in Morning Comes [AF] si scontrano – come accadeva in epoca classica
nel primo tempo di una sinfonia – un motivo A drammatico (01’34”) ad un motivo B arioso (03’56”), quasi ad arginare il “racconto” cantato; l’ampia
parte centrale in crescendo di Song from
a picture [AF] è indicativa per il modo con cui la band somma colore a
colore, lasciando emergere – a poco a poco – la “luce” vivida dell’intera
composizione. Uno stacco ancora più
incisivo va rilevato in Cosmic Mind
Affair [MMS]: si assiste ad un continuo (e complesso)
affastellarsi di melodie, ben incastonate “a suite” secondo un perfetto
meccanismo dinamico e ritmico. Una vera e propria “sinfonia” rock con
un’esposizione, uno sviluppo e una ripresa (notare le differenti aperture
strumentali a 01’07”, 01’46”, 04’14”, la coda con l’insistente frase di moog e
la funzione “simbiotica” del coro). Altri intervalli di rilievo si possono
notare durante il solo di chitarra di Bar
Gazing [MMS; da 02’39”]. Alcune
strutture richiamano lontanamente ad una prassi sinfonica: Mass Media Stars [MMS] ha un’introduzione, un’esposizione
bitematica (tema A più lirico, tema B più movimentato) di contrasto, uno
sviluppo ed una ripresa; lo strumentale di Professor
si alza sull’onda di un incalzante
crescendo [MMS; da 04’55”]; Coffee Song
sembra scritta come se fosse una specie di ampio adagio cantabile, per cui il
tema strumentale – indipendente da quello vocale – viene ripetuto e leggermente
variato quasi in forma innodica. Sinfoniche
sono anche alcune “fanfare” (Professor [MMS]
a 01’48” e più avanti) ed i finali classico
accordo pieno (Comic Strips [AF]).
Modular cantando: la musica
cosiddetta leggera ci ha abituato alla canzone lineare, armonicamente “liscia”,
senza troppe tensioni, semplice – quindi – da ricordare e ricantare. Nel
progressive succede, invece, che ci si comincia a divertire. Come? Mischiando
le carte. La melodia stessa si fa complessa perché preferisce mollare la strada
maestra della tonalità d’impianto per intraprendere vie traverse, sentieri
tanto impervi quanto affascinanti. Un’abitudine per chi ha sempre ascoltato
l’opera lirica, gli oratori sacri e – se vogliamo esagerare – il novecentesco
(e spiazzante) Sprechgesang. La procedura
– come avviene nella musica colta – passa storicamente dal canto alla scrittura
per ensemble. Ed è quello che capita, per esempio, in diverse composizioni dei
Genesis. Gli Acqua Fragile non sono da meno: tenui ballate come Song from a picture [AF], e Bar
Gazing [MMS] vivono di incisive tessiture melodiche attente a produrre
interessanti modulazioni.
Contrappunto: è la somma che fa il totale: l’approccio
contrappuntistico è conseguente al particolare aspetto melodico, fin qui
illustrato. Va da sé che se entrambe le linee – orizzontale e verticale – si
intersecano con esiti fedeli alle premesse modulanti, l’affresco
contrappuntistico mostra un’articolazione degna di nota. E in campo rock. La
musica europea ha una tradizione contrappuntistica solidissima, patrimonio
naturale della nostra eredità acustica. Possiamo fare risalire le radici
dall’Ars Nova fino ai Fiamminghi, a Palestrina per raggiungere J.S. Bach, il
grande sistematore. In ambito progressive vi fu una band che seppe trasfigurare
il contrappunto (non solo strumentale ma anche vocale) in una sorta di marchio
di proprietà. Mi riferisco ai Gentle Giant. In Italia, anche gli Acqua Fragile
dettero parecchi contributi “contrappuntistici” nella loro opera. Prendiamo
l’attacco e tutta l’evoluzione di Comic
Strips [AF], capace di mettere d’accordo dissonanti verticalizzazioni con
un episodio canoro, apparentemente, tranquillo.
Voci e cori: la questione
“vocale” merita di essere trattata con una sensibilità critica differente, poiché,
grazie soprattutto al particolare timbro di Bernardo Lanzetti, vi sono parecchi
aspetti che sfuggono a qualsiasi categorizzazione di comodo. Al di là del
solismo individuale, le ristrette (ma incisive) masse corali si muovono dai
saltelli contrappuntistici alla Gentle Giant (come nell’ipercinetica Three Hands Man [AF] o in Professor [MMS]) alla scorrevolezza
melodica “californiana” (penso a Crosby, Still, Nash & Young per Opening Act [MMS]) per tentare una
sintesi più “classicamente” progressive alla Yes (la chiusura di Professor [MMS]). Da non sottovalutare
effetti, talvolta, dissonanti (Education
Story [AF]).
Un’altra “voce”, un’altra lingua: si è accennato
alla grana vocale di Lanzetti, senz’altro unica nel panorama italiano. Molta
critica ha preferito fermarsi alla semplificazione derivativa legata o a Peter
Gabriel dei Genesis o a Roger Chapman dei Family, se non scomodando Derek
Shulman dei Gentle Giant. Ovviamente le similitudini sono molte, ma tale
“distrazione” rischia di limitare l’analisi di un canto più performativo che
esornativo. È una voce che si fa largo e crea una gestualità musicale tutta
sua, di toni e colori cangianti, dalla volubile temperatura espressiva. A
rinvigorire la proposta, una scelta di campo: l’Inglese per i testi con liriche
molto curate, tra impegno e fantasia, per arrivare oltre confine. E la sua
“voice impossibile” è il collante che tiene tutto insieme. Parole e musica.
Piano e forte. Dinamica e tempo: nel rock si va di
4/4 e con dinamiche piuttosto uniformi. Niente chiaroscuri o range esplorativi
dal “piano” al “forte”. In fondo, questa era musica nata per fare divertire e
ballare. Il progressive – invece – comprese la forza evolutiva (e accrescitiva)
del calcolo, sia per le “metrature”, sia per le dinamiche. Poliritmie maturate
dallo sperimentalismo immanente della classica contemporanea; silenzi che
cedono a frastuoni come nella migliore tradizione romantica. La produzione
progressive anni Settanta è piena di narrazioni musicali, dall’unicità –
paradossalmente – eterogenea. Le chiamavano, erroneamente, “suite”, ma erano
più motivi concatenati tra loro (meglio “medley”, allora…). E per non creare
cesure troppo evidenti, la gradazione dinamica diviene fondamentale, un ausilio
risolutivo e volto a rendere ancora più raffinate le tessiture
armonico-melodiche. Ciò accade soprattutto nei brani più corposi degli Acqua Fragile
(lo spezzatino metronomico di Comic
Strips [AF], le frequenti mutazioni dal 4/4 al 7/4 – e viceversa – di Education Story [AF], gli spostamenti di
accento in Three Hands Man [AF], gli
stop and go di Professor [MMS]).
“Ars Antiqua”?: se molte band di
progressive hanno ammesso le proprie simpatie stilistiche per maestri ed epoche
musicali del passato, nel caso degli Acqua Fragile ciò non è esplicitamente
avvenuto. Le ragioni risiedono ai blocchi di partenza. Il loro è stato un rock
che ha saputo evolversi inglobando influenze (poi) adattabili ad una particolare
sensibilità creativa. Ma qualche calco si palesa nella loro discografia: a
5’17” di Three Hands Man assistiamo
ad un breve episodio – ripreso anche nella coda - assai somigliante ad una
sorta di marcetta suonata da ipotetici strumenti a fiato (è comunque una
tastiera) accompagnata da un tamburo. Un vago sospetto di Branle rinascimentale
con la vivacità di una Gagliarda? Il dubbio si insinua, poi, l’aggiunta della
batteria, della chitarre e di alcune figure veloci di organo mutano il quadro
in rock, ma si è capito che l’incipit viene da lontano.
Il basso elettrico (e continuo): vale la pena accennare
come, negli album degli Acqua Fragile, venisse sfruttato il basso elettrico.
Questo strumento, ai primordi del rock, svolgeva funzioni piuttosto elementari
ma necessarie. Al di là di essere un cardine ritmico, il basso – melodicamente e
armonicamente – si limitava, comunque, a rimarcare la nota fondamentale
dell’accordo (la tonica), con qualche tenue variazione. Dopo i Beatles –
prendiamo la linea di basso di Something,
ad esempio – e con l’avvento del progressive, il bassista, per forza di cose,
deve possedere una marcia in più. Spesso, se è dotato di un talento solistico,
studia jazz, ma non è quel che ci interessa in questo contesto. Allora ascoltiamo
che fa Franz Dondi, bassista del gruppo dalla formazione inequivocabilmente
rock. Il suo basso “lavora” sotto: c’è un accordo e lui ricama, talvolta
doppiato dalle note gravi di una tastiera e/o di una chitarra; ma è lui che
marcia in prima fila. Se vogliamo, si comporta un po’ come la sezione più grave
degli archi di un concerto grosso barocco; in un certo senso, pare simulare –
pur con i distinguo del caso - quello che gli antichi chiamavano “basso
continuo”. Nel corso di un 4/4, la trama “bassa” di note da 1/4 vengono animate
da inserimenti di gruppi da 1/8, ma sempre con moderazione, senza manifesti
sforzi titanici ed esibizionismo. Uno sfondo necessario, che dà forma e colore
ad una trama contrappuntistica pulita e lucida. Mass Media Stars [MMS] si articola proprio partendo dalla traccia
tarantellante del basso di Dondi, a cui si aggregano tastiere, chitarre e
batteria; e nello svlluppo l’interprete si muove sull’asse armonico dettato dal
“tutti”, svisando pregevolmente (alcuni punti sono istantanee da non perdere a
02’15”, 02’25”, la scala a 03’22”, 03’57”, 05’02”). In altri casi (Opening Act [MMS], Professor [MMS]) il basso rifinisce e presta una voce, comunque, alternativa al canto,
dialogando con gli altri strumenti.
L’orchestra e il Maestro Concertatore: dove c’è
un’orchestra, ci deve essere un Maestro. Una sorta di supervisore capace di
dare la dritta in fase di arrangiamento e desideroso di seguire i musici da
lontano, magari a bordo di un pianoforte. Accade anche nel progressive. Poi in
quello italiano, taluni battesimi sono stati addirittura storici (Luis Bacalov
padrino di New Trolls, Osanna e Il Rovescio della Medaglia; Le Orme con Gian
Piero Reverberi). Per gli Acqua Fragile, fu importante la presenza di Claudio
Fabi, che non si limitò a produrre i due album (insieme alla PFM), ma anche ad
offrire coerenti contributi di organizzazione sonora. Oltre alla voce di
Lanzetti e al basso di Dondi, il collettivo si reggeva sulla chitarra di Gino
Campanini, il drumming eclettico di Piero Canavera e la tavolozza multitimbrica
delle tastiere di Maurizio Mori, a cui si aggiungeva, talvolta, il pianoforte
di Claudio Fabi. Più che una band, quasi una bottega artigianale, dove la nota
veniva forgiata con cura e dedizione. Tutti per uno. Uno per tutti.
[1] Discografia di
riferimento: Acqua Fragile (Numero Uno – 1973), d’ora in poi (AF); Mass Media Star (Ricordi – 1974), d’ora
in poi (MMS).
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