Parlare di un album
che vede la presenza di Bernardo Lanzetti, mi mette sempre un po’ di … imbarazzo.
Devo sforzarmi di essere obiettivo, di presentare il mio pensiero scevro da influenze
possibili -e probabili- ma di fatto lo inserisco in quel “pacchetto” di
artisti, abbastanza nutrito, di cui avrei comprato -e comprerei- musica a
scatola chiusa, certo che nove brani su dieci avrebbero fatto centro, nel mio cuore e nella mente.
Anche questa volta ho
avuto le conferme che… non cercavo.
L’album in questione
si intitola Quasi English, realizzato dal duo Lanzetti Roversi,
una bomba creativa nata e cresciuta molto tempo fa.
Il Roversi in questione è quel geniaccio
di Cristiano, tastierista,
polistrumentista, compositore, che da anni condivide musica con Lanzetti,
titolare anch’esso di innumerevoli progetti paralleli.
Da molto tempo avevo
sentore di questa produzione targata MA.RA.CASH
RECORDS che, da ciò che avvertivo nell’aria, si presentava come un nuovo
biglietto da visita, il migliore del momento, il più rappresentativo dell’attuale
stato artistico e di vita dei protagonisti.
La carriera di
Lanzetti ha un punto nodale che si manifesta molto presto, che indirizzerà il
suo percorso, che determinerà le scelte, non solo sue ma anche di altri: l’esperienza
americana, vissuta da giovanissimo, formerà l’uomo e l’artista, in un modo così
radicato che a distanza di svariati lustri quel mondo lontano, per spazio e
tempo, appare sempre vivo, un buon
esempio e una linea guida.
Il fantastico booklet -la
prima cosa che ho controllato- rafforza il concetto, raccontando, molto, attraverso
le immagini; le cartine cittadine degli Stati Uniti si mischiano alle liriche e
si inseriscono in quel vecchio passaporto del 1965, con cui iniziò l’avventura
americana.
E poi arrivano i
suoni, le atmosfere, le didascalie, e scopro che il pensiero di Lanzetti e
Roversi non è esattamente quello che ho captato, perché… “è il linguaggio che definisce e forma l’uomo, non il luogo in cui vive
e cresce…”.
Questione di punti di
vista, e spesso i condizionamenti che subiamo sono subdoli e ben nascosti, ma
resta certa la voglia di restare al confine… un limbo di terra che separa i
paesi, le culture, le lingue, e che permette di creare musica che sorprende ad
ogni episodio, addirittura all’interno dello stesso brano: un viaggio tra i ricordi,
un altalenare di stili, un continuo movimento verso molteplici sentieri
espressivi.
Inglese e i italiano
si mischiano, convivono nello stesso brano (Belcanto),
ed è proprio alla lingua madre a cui Lanzetti si affida per le sue più
profonde riflessioni (Scorre l’Acqua),
attraverso un brano intimista che conduce al brivido.
Sono otto i brani, per
circa quaranticinque minuti di novità musicali. Sì… trovo ci sia tanto “nuovo”,
sperimentazione e ricerca di altri orizzonti.
Cristiano Roversi
inventa tappeti musicali impossibili, e credo si possa annoverare tra i
migliori musicisti in circolazione. Lanzetti aggiunge la ricerca su se stesso,
sul suo strumento, quella voce che riesce a sorprendere per estensione, per
modulazione, per voglia di cercare il limite attraverso controllo e
razionalità.
Parte il brano di
apertura, la title track, e quando arriva al “Tell me where… tell me how…” è un’esplosione che rigetta in un
lampo ai primi seventies, quando Gabriel, Hammill e Chapman fornivano una nuova
visione del vocalist e il mellotron e l’hammond erano il pane quotidiano.
In quei giorni vidi
gli Acqua Fragile, spalla dei Gentle Giant, e proprio alla band dei fratelli
Shulman è dedicato un brano, Convenience.
Il grande ospite è il
drummer da sogno Jonathan Mover,
presente nei primi due brani, Quasi
English e Worn to a Shine, ed è
lo stesso Bernardo che racconta a seguire l’occasione dell’incontro.
Gli altri ospiti
presenti sono: Erik Montanari, Fabio Serra e Mirko Ravenoldi alle chitarre, Michele
Smiraglio e Mirko Tagliasacchi
al basso, i “Catafalchi del Cyber”
ai cori e Simone Baldini Tosi al
violino.
Un album nato in
studio, che meriterebbe l’occasione live, su di un palco, dove Bernardo e
Cristiano possono regalare una visione completa, di se stessi e del loro
concetto di arte, musica, aspetti scenici, concezione osmotica del rapporto
artista/audience.
Il parto è stato
complicato, forse, ma il risultato è confortante!
Voto massimo pe Quasi English!
Ecco cosa racconta in proposito Bernardo Lanzetti…
Da molto tempo sentivo parlare della nuova uscita ”LANZETTI
ROVERSI”, Quasi English: è stato un parto complicato?
Il trio CCLR è diventato il duo Lanzetti-Roversi per
disaccordi, non di natura artistica, tra quest’ultimo e Gigi Cavalli Cocchi.
Ciò ha iniziato una serie di slittamenti sui tempi di lavoro che ha dilatato la
produzione in maniera considerevole. Dopo aver avuto l’adesione immediata dello
statunitense Jonathan Mover per la batteria su due brani, avevamo pensato di
“arruolare” anche batteristi italiani e molto tempo se ne è andato aspettando
la risposta da ognuno di loro, riscontri per altro mai pervenuti…
Aprendo il bellissimo booklet inserito nel CD si è colpiti
dal Vostro warning… “it's
your language that defines you, not your land”: il linguaggio di cui parlate
fa solo riferimento ad un idioma o si allarga ai comportamenti e alle
idee?
Il concetto di base è che la formazione e la forma del
pensiero di ogni individuo e quindi la sua personalità, la sua posizione nel
mondo, sono determinate in primo luogo dalla lingua appresa che è fondamentale,
ancor più del territorio o del paesaggio dove uno cresce. Tu mi suggerisci che
il concetto può essere allargato e la cosa appare intrigante.
Come descriveresti il disco, qual è l’elemento
caratterizzante che incolla tra loro gli otto episodi?
Il titolo “QUASI ENGLISH” è fortemente caratterizzante e
descrittivo dell’album. Molte cose sono in bilico: melodie che entrano ed
escono, riferimenti stilistici già contaminati, l’uso di due lingue, la
sincerità abbinata al segreto e al mistero…
Per chi non lo sapesse poi, “quasi” è un vocabolo italiano
che si è guadagnato un posto in varie lingue.
Tutti i brani sono firmati dalla coppia Lanzetti-Roversi
tranne “Convenience”, pezzo dei Gentle Giant: come nasce la scelta?
Molto semplicemente Cristiano voleva realizzare quel brano
già ai tempi della nostra militanza comune nei Mangala Vallis. Personalmente
sono sempre stato un grande fan dei Gentle Giant, ma non conoscevo quel pezzo e
quindi è stata per me una nuova sfida.
Lo special guest è Jonathan Mover: come è nato l’incontro e
che tipo di valore aggiunto avete ricevuto, oltre al lustro relativo
all’importanza del personaggio?
Un paio di anni fa, l’amico batterista Sergio Ponti, dei
Beggar’s Farm, aveva conosciuto Mover il quale gli aveva confidato che Bernardo
Lanzetti era il suo vocalist preferito. Da lì ho preso coraggio per contattarlo
e ottenere il suo fantastico contributo da New York.
Stiamo ora lavorando insieme anche su altri progetti.
L’artwork e la proposta fotografica sono di forte impatto: come
siete arrivati alla definizione finale?
L’idea ispiratrice mi era venuta da alcuni dipinti di Francis
Bacon, ritratti di gruppi famigliari in interni probabili ma inconsueti. Il
fotografo Paolo Pasini ha poi realizzato al meglio la copertina. Partendo
dall’idea della lingua, anzi delle due lingue - italiano e inglese - ho poi recuperato
il mio passaporto del 1965, quello con cui ero andato negli USA a studiare. Il
grafico Matteo Bertolini ha contribuito a assemblare il tutto con stile e
maniera.
E’ possibile pensare di vedere il duo Lanzetti-Roversi
proporre l’album dal vivo?
Tutto è possibile ma vedo a cosa più facilmente realizzabile
all’estero che non in Italia.
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