Era il 1975, avevo 17 anni e già da 5 ero
stato folgorato dalla musica prog passando ad essa con un improbabile salto direttamente
da San Remo, il dardo musicale si era materializzato sotto forma di una
musicassetta dei Jethro Tull, che mi esplose dentro irraggiando mille schegge
ed illuminando un mondo fino ad allora oscuro che si manifestò in tutta la sua
meraviglia.
Cominciai ad esplorare ogni angolo di quel
mondo, iniziando ovviamente dalla musica inglese per poi tornare sul continente
ed accorgermi con stupore che in Italia non esistevano solo canzonette, ma musicisti
che se la potevano giocare alla pari con i miei idoli stranieri. Non solo i
nomi più noti, dal Banco del Mutuo Soccorso alla Premiata Forneria Marconi,
dagli Osanna alle Orme e così via: c’era un ribollire di gruppi impropriamente
definiti “minori” ma in realtà dei giganti anch’essi e tra questi gli Acqua Fragile di Bernardo Lanzetti.
Mi piace essere sincero in tutto ciò che
faccio ed anche adesso non mi tiro indietro: la musica degli Acqua Fragile era
estremamente interessante e coinvolgente, ma quella voce così particolare mi
rimaneva un po’ ostica. I miei “idoli
vocali” erano altri, Peter Hammill e Greg Lake oltre ovviamente Ian Anderson, mentre mi rimaneva difficile
apprezzare del tutto quelle voci “un po’ così”, tipo Peter Gabriel e Roger
Chapman, ai quali Bernardo in un certo qual modo era apparentabile.
Per questo, tornando al 1975 dell’incipit,
accolsi in modo dubbioso la notizia che la PFM aveva scelto come nuovo vocalist
proprio Bernardo Lanzetti.
Poi uscì Chocolate
King , ebbi occasione di vedere
un loro concerto e tutti i miei dubbi sparirono: forse meno vocalmente
“poetico” ed evocativo di Gabriel ma con un feeling superiore, pari a quello di
Chapman ma rispetto a quest’ultimo con una versatilità ed estensione vocale
decisamente maggiore, Bernardo era inoltre dotato di una presenza scenica
carismatica e perfetta per essere il front man di un tale gruppo, tanto da non
poter più immaginare una PFM senza Lanzetti.
Da allora è passato molto tempo, buona
parte del quale da me speso per dedicarmi ad altre cose. Il lavoro, la
famiglia, vicissitudini varie insieme ad un profondo modificarsi del panorama
musicale, con i miei idoli dell’adolescenza che mostravano in modo
ingravescente il trascorrere degli anni, molti grandi gruppi che si
dissolvevano o tiravano avanti semplicemente celebrando se stessi ed il loro
passato in modo sempre più deterioramente autoreferenziale. Si era affermato un
nuovo modo di fare ed intendere la musica, non sta a me dire se e quanto
peggiore, ma sicuramente lontano dallo spirito degli anni ’70 ed a me
decisamente non gradito; il prog poi, già abbastanza di nicchia nei tempi d’oro,
era divenuto un oggetto obsoleto relegato nell’ultimo dei cassetti dei
neo-musicofili.
Per un bel po’ di questi anni lasciai
perdere la musica, non m’interessava più seguire le nuove cose che emergevano e
si affermavano e ogni tanto mi rifugiavo in mezzo ai miei cari vinili per
respirare ancora quel profumo che tanto mi aveva inebriato.
Fu per caso che ritrovai un giorno la
strada abbandonata e che credevo ormai chiusa: un gruppo di appassionati dei
Jethro Tull e del prog in genere, con un club, un sito ed un forum dove di
nuovo discutere della “mia” musica, delle convention dove trovare fisicamente
persone come me e, finalmente, di nuovo la voglia di correre per centinaia di
chilometri per rivedere un concerto.
E la gioia, se vogliamo anche con un po’ di
senso di soddisfatta rivalsa, nel vedere che a questi concerti c’erano un sacco
di giovani che stavano riscoprendo ed apprezzando quel nostro genere di musica
e che entravano con passione nelle discussioni sui vari forum e blog.
Da un piccolo sasso gettato in uno stagno
apparentemente immobile, le onde si allargavano e mi trascinavano ad interagire
con sempre più gente nuova ed affascinante e, cosa impensabile un tempo e per
questo ancor più meravigliosa, a conoscere fisicamente molti di quegli idoli
dell’adolescenza che la mia immaginazione aveva collocato in un mondo quasi
metafisico inaccessibili ai comuni mortali.
E tra questi, Bernardo Lanzetti.
Dopo aver abbandonato la PFM si era
dedicato all’attività solista e a vari progetti musicali, la passione vera per
la musica lo aveva portato a collaborare ed esibirsi con lo stesso entusiasmo,
tanto con nomi altisonanti della Storia del Prog che con gruppi cover anche di
periferia.
Lo avevo rivisto appunto in veste di guest
star in concerti di gruppi del “giro tulliano” e mi aveva stupito non solo la
voce ancora potente ma appunto il feeling che riusciva ancora a trasmettere con
la sua presenza scenica travolgente e questo, mi piace ripeterlo, sia in
occasione di eventi di notevole rilevanza che di concerti “paesani”.
Sempre con la mia masochistica sincerità
devo dire che, se da un lato lo apprezzavo come grande artista, dal punto di
vista personale mi appariva “lontano”. Ricordo in particolare la prima Prog
Exhibition di Roma del 2010, ero insieme ad alcuni amici nello spazio fuori
dalla sala ed avevo appena scambiato due chiacchere con David Jackson e Thijs
Van Leer rivelatesi persone di una disponibilità ed umanità impensabile quando
ad un certo punto si alzò un brusìo e si diffuse un fermento tra gli astanti:
era arrivato Lanzetti. Vestito in modo appariscente e con la solita sciarpa
color pastello, al suo fianco la “divina” Amnerys, donna assai bella con portamento
aristocratico, evidentemente di grande personalità e cultura ma apparentemente
distaccata nella sua perfezione curata in ogni dettaglio.
Molti dei presenti gli si affollarono intorno
per salutarlo ed omaggiarlo mentre lui dispensava sorrisi e parole con un
atteggiamento che a me sembrò fastidiosamente tipico di chi “se la tira”.
Se ci penso adesso ci rido di gusto
pensando quanto grande sia il potere dei preconcetti e dell’immagine che troppo
spesso ci creiamo artificiosamente nel pensiero e sulla quale poi ci basiamo
per interpretare i comportamenti altrui.
Il resto è storia recente.
Qualche tempo fa mi telefona un mio caro
amico e grande musicofilo di Castiglion del Lago, in provincia di Perugia ma a
due passi dal mio paese, informandomi che Bernardo e Amnerys avevano deciso di
trasferire la loro residenza appunto sulle rive del lago Trasimeno e che la
sera stessa era stata organizzata una cena “alla buona” per dare loro il benvenuto,
con una serie di scenette tra il serio ed il faceto. Ci sarebbe stato il vigile
a consegnare il certificato di residenza, il dono della chiave (più
modernamente il telecomando) della città, il giovane strimpellatore che con la
scusa di fare un po’ di musica avrebbe portato la chitarra … mancava il
medico, per cui mi fu chiesto di portare con me “gli attrezzi del mestiere” da
tirar fuori al momento opportuno.
Accettai di buon grado l’invito anche
perché, oltre alla piacevolissima compagnia degli altri conviviali paesani che
avevo avuto modo di apprezzare in altre occasioni, non è certo cosa di tutti i
giorni trovarsi a cena in un gruppo ristretto con un mito del rock e della mia
adolescenza.
Ci trovammo in una casetta di legno
attrezzata in un prato in prossimità del lago, sede del circolo aereonautico di
Castiglion del Lago, con gente piacevolmente “ruspante” come siamo noi in
Valdichiana, persone diverse come cultura, lavoro e status sociale ma
accomunate dalla cosa più importante e vera e cioè la schiettezza, sincerità e
voglia di “giocare”.
Arrivarono Bernardo ed Amnerys e grande fu
la mia sorpresa nel vederli subito a loro agio, abbracciarsi, ridere e
scherzare con tutti gli altri … cavolo, ma non doveva esserci un abisso tra
di noi ed un tale personaggio abituato certo a frequentazioni ben più
importanti? E quella mia idea del tipo che “se la tira” e che si atteggia a
rockstar? Immediatamente dissolta, Bernardo era davvero uno di noi senza
finzioni di circostanza. E quella donna che mi ero figurata come divinamente
distaccata dal mondo era in realtà di una dolcezza e amabilità infinita, una
cara signora certo di grande cultura e lignaggio ma che riusciva senza fatica
anzi in modo spontaneo e naturale ad instaurare un legame con qualsiasi persona
si trovasse accanto, evidentemente però a patto che fosse sincera e vera come
lei.
Se Bernardo ed Amnerys singolarmente si
dimostravano di per sé persone assai piacevoli, insieme si esaltavano in modo
esponenziale. Certo avranno anche loro, come tutti, momenti di discussione e di
tensione ma l’impressione di base è quella di una coppia affiatatissima legata
da profondo affetto, complice intesa e reciproca stima e ammirazione.
La serata trascorse in modo piacevole e scanzonato
ed il fatto di trovarmi allo stesso tavolo fianco a fianco con il famoso cantante
Lanzetti divenne un dettaglio secondario, mi sarebbe addirittura passato di
mente se non perché per contrasto aumentava sempre più il mio stupore e la mia
ammirazione per l’uomo Bernardo così diverso da come me lo ero immaginato.
Dopo cena, seduti di notte fuori dalla
casetta di legno, Bernardo prese in mano la chitarra acustica del giovane
strimpellatore e si mise a cantare per e con noi, con lo spirito del ragazzo
che suona canzoni in mezzo ad un gruppo di amici spensierati, per puro
divertimento e accompagnato da cori improvvisati, battute e gioiose risate.
Da quella sera ho rivisto Bernardo molte
volte, non solo in concerto ma anche per motivi solo indirettamente legati alla
sua attività artistica ed il vederlo e parlarci in altra veste mi ha fatto
capire ancora di più il suo essere persona prima che artista, o meglio che il
suo modo di essere artista non è artificioso ma è solo la manifestazione più
evidente del suo essere persona.
L’ho risentito cantare, con lo stesso
entusiasmo e la stessa alta professionalità, in altre tre occasioni in rapida
sequenza e diversissime tra loro ovvero in una festa del mio paese come ospite
dei Chocolate Kings, una cover band locale della PFM di eccezionale livello musicale,
in un’altra festa paesana a Civitella Marittima in provincia di Grosseto in un
contesto di tutt’altro livello con Aldo Tagliapietra e Lino Vairetti come guest
star della Alex Carpani Band, concerto chiuso con una “Impressioni di
settembre” cantata a tre voci da brivido che ha scatenato un indicibile
entusiasmo nel pubblico, ed infine un’apparizione breve ma intensa ed esaltante
nel concerto a Cortona di Steve Hackett.
Di quest’ultima esibizione, svelandone
alcuni simpatici retroscena, ne ha già parlato qui lo stesso Bernardo ma io mi
ci vorrei soffermare ugualmente per esprimere una mia modesta considerazione.
Posto che l’intero concerto è stato
stupendo e che il livello tecnico e l’intensità del feeling creato da Hackett e
la sua band nel ripercorrere le tappe più significative, evocative e
trascinanti, della storia dei Genesis è stato stupefacente anche per me che di
concerti ne ho fagocitati e metabolizzati un bel po’ …… posto tutto questo non
è piaggeria se affermo che il “Return of Giant Hogweed” con Bernardo come
vocalist è stato la gemma più fulgida dell’intero diadema.
Mi spiego: non ho mai particolarmente apprezzato
i cantanti-fotocopia, cioè quella specie
di replicanti che dovendo rimpiazzare il vocalist originale si sentono in
diritto/dovere di assomigliargli il più possibile e questo è ciò che mi è parso
fare il cantante ingaggiato da Hackett. Una voce troppo simile a quella di
Peter Gabriel senza però averne tutte le sfumature di colore e senza la
teatralità che nei nostri ricordi a quella voce era inscindibilmente legata.
Bernardo viceversa ha fatto vedere come si
potesse cantare un pezzo dei Genesis con una vocalità non completamente stravolta
rispetto a Gabriel ma allo stesso tempo con una forte caratterizzazione propria
tanto da dare, in quel momento, la sensazione di trovarci di fronte ad un vero
gruppo autorevolmente dotato di una propria identità e personalità.
Credo che il Genesis Extended di Steve
Hackett con un cantante come Bernardo farebbe un salto di qualità e di
personalità enorme pur partendo da un livello già eccellente.
Ma ciò significherebbe portarci via
Bernardo per lunghi mesi in giro per il mondo e, dopo averlo conosciuto e
frequentato, proprio adesso che è venuto ad abitare così vicino egoisticamente
mi dispiacerebbe assai come dispiacerebbe certamente a tutti gli amici della
nostra quotidianità, anche perché di tutti le sue ultime esibizioni di cui sono
stato testimone ciò che mi è rimasto più “dentro” è stato proprio quello della
sera fuori dalla casetta di legno in riva al lago.
Per cui, Bernardo, casomai Steve ci facesse
un pensierino e ti chiamasse … digli pure che noi non vogliamo!
Nessun commento:
Posta un commento