“Oggi non c'è un tale impatto della musica sulle implicazioni socioculturali. Infatti, essa è per lo più solo la sovrapposizione di suoni in sottofondo, tollerati per evitare di affrontare il minaccioso Silenzio...
Ho già scritto che fare musica, in fondo, risulta quasi sempre divertente mentre nell’ ascolto della musica entrano in azione altri meccanismi senza alcun filtro per tutti gli esseri umani.
Per
rispondere alla tua domanda circa l’“influenzare le persone” vedo suoni e
silenzi organizzati, insieme alla poesia verbale, tutto quanto lì per allineare
pensieri e sentimenti al fine di trasformare e convertire il dolore e l'ansia,
la conoscenza e l'ingenuità in nobili costruzioni simboliche.”
Intervista
di Michael Limnios
In che modo la controcultura rock ha influenzato la tua visione del mondo e i viaggi che hai intrapreso?
Quando pensavo inconsciamente che il
mondo avesse bisogno di una scossa, non ancora diciassettenne, nel '65, sono
andato negli Stati Uniti con una borsa di studio, per studiare e prendere il
diploma in una High School.
Venendo da una famiglia in cui già si
parlavano alcune lingue, pensavo di essere adatto e incline a quello che ci
sarebbe stato in serbo per me ma, dopo un viaggio di 7sette giorni in nave, due
giorni e una notte su un autobus Greyhound, salito finalmente, al lato del
passeggero, su una lunga macchina americana, la radio veniva accesa e Bob Dylan
gridava “Like A Rolling Stone”, mi resi conto che il mio viaggio era davvero
iniziato alla grande!
Mi considero fortunato ad essere stato
influenzato dalla controcultura rock, ma anche da tutto ciò di cui sono stato
testimone, prima vivendo in Texas e poi visitando nuovamente Londra, Parigi,
Varsavia e gli Stati Uniti.
All'epoca, volevo ancora diventare uno scienziato - uno di quelli pazzi, molto probabilmente - e sebbene attratto dall'arte, non stavo ancora pensando di dedicarmi alla musica.
È successo solo pochi anni dopo...
Come descrivi la tua filosofia musicale e la raccolta dei tuoi brani musicali? Da dove viene la tua spinta creativa?
Non è passato molto tempo da quando ho
realizzato che alcuni dei miei primi lavori avevano semplicemente lo scopo di
esplorare la mia consapevolezza e di continuare a farmi muovere lungo il mio
percorso.
Molte altre potrebbero essere definite,
invece, come sorta di cerimonie artistiche per aiutare a relazionarsi con il passato
e il futuro non solo come luoghi di fatto ma anche nella sfera dei sentimenti.
Come comunemente la si definisce, potrei
dire che anche la mia creatività sembra provenire dal collegare, ad esempio,
forme geometriche, ripetizioni elementari o più complesse di accadimenti e
figure o numeri e metterli in relazione in modo insolito.
Provate a pensare alle dita sui tasti
della chitarra o su quelli di un sintetizzatore, alle parole ripetute nel
ritornello di una canzone, a un tempo dispari piuttosto che pari, alla
progressione di accordi che ci accompagna nella visita a una casa misteriosa o
a un affascinante riff di chitarra attorcigliato come una scala a chiocciola in
ferro battuto…
Come i testi nelle strofe hanno ritmo e
suono, così le emozioni, le perdite e le speranze hanno una loro forma e un
loro margine tagliente nei nostri sentimenti e nei nostri sensi.
Questa spinta cui accenni, potrebbe essere un tipo di energia con una carica in più ma non è mai prevedibile. Curioso però notare come, a volte, avere un'agenda, un piano concreto, sembri aiutare il processo.
Quali incontri sono state le esperienze più importanti per te e la tua carriera?
Alcuni incontri sono stati molti
importanti e, con il passare degli anni, dal passato nebuloso emergono sempre
più volti e fatti.
Sospetto che questa tua domanda implichi che io citi dichiarazioni fatte da almeno alcune di queste persone, quindi, eccoci qui.
Franco Mussida, chitarrista storico della PFM: in uno dei nostri primi incontri, rispondendo alla mia domanda “come si fa a scrivere un pezzo prog (pop, all’epoca)?”, dichiarò: “Beh, ti metti lì e lo fai!” Abbastanza divertente, il fatto che, “Morning Comes”, per l’Acqua Fragile, è nato, praticamente, subito dopo.
Alessandro Nidi, pianista, compositore e direttore d’orchestra: quando mi è stato chiesto di partecipare a produzioni teatrali, in forma di oratorio, de “L’Opera da tre soldi” e “Porgy and Bess”, ho messo le mani avanti dichiarando, "Per favore, sappi che non so leggere la musica". "Non preoccuparti - mi disse - verrò da te con la mia tastiera e ti insegnerò le parti, nota per nota!"
M° Giorgio Gaslini (RIP), Pianista Jazz e non solo: prima di andare in scena ad una prima mi esortò: “Non essere nervoso, non avere paura. La musica non è stata inventata da noi. Noi siamo qui solo per godercela!”
Mario Lanfranchi, regista di film e opere liriche, a suo tempo sposato con la soprano statunitense Anna Moffo: “Mi chiedo spesso quanto sarebbe stato bello averti nella Lirica. Saresti stato un grande “Trovatore” nell'opera di Giuseppe Verdi.
Steve
Hackett: nel 2014 sulla possibilità di unirmi a
lui sul palco per eseguire qualche brano dei Genesis. “Bernardo sarebbe
fantastico, ma non abbiamo tempo per provare”. “Non preoccuparti - ho
detto - non ho bisogno di provare!”
È successo così che è stata una grande serata a Cortona (Toscana, Italia) e il glorioso “The Return Of The Giant Hogweed” può essere visionato su You Tube (https://www.youtube.com/watch?v=T0--9nuoK6g)
Jonathan
Mover, batterista statunitense:
gli avevo chiesto di suonare la batteria in “My Forte”, un brano in 11/4, poi
sull’album #3 di Acqua Fragile.
Mi ha spiegato che lui lo vedeva come un
22/8, il che è abbastanza facile da capire, ma poi ha continuato a suddividere
ogni battuta in 7/8+6/8+5/8+4/8 in modo che ogni nuova battuta finisse per
avere un tempo in chiave diverso dalla precedente e dalla successiva!?
A volte, animato da spavalderia, ho applicato questo "Mover Code" alla traccia chiamata “Different” nel mio album "Horizontal Rain".
Dario Mazzoli, bassista e produttore: già con un passato di collaborazioni, sia dal vivo che in studio di registrazione, mi aveva chiamato all'inizio del 2019 chiedendo di essere aggiornato su quanto stavo facendo. Gli parlai del mio nuovo album solista, “Horizontal Rain”, non nascondendo alcune difficoltà pratiche nel completarlo. Gli descrissi ogni brano e lui, ancor prima di ascoltarli, dichiarò: "Beh, mi piacerebbe essere produttore di questo lavoro!” E questo è ciò che è successo. Mi è stata concessa ampia possibilità di manovra e sperimentazione, alcuni mastering sono stati rifatti più volte, e l'ho persino avuto al basso in “Genial!”, un pezzo dell’album non certo facile.
Signora non identificata: una signora molto distinta dopo una performance unplugged, ad Assisi: “Scusi, permette? Ora mi è tutto chiaro… lei non è un cantante! Lei non è un intrattenitore!? Lei è un veicolo di energia per noi!”
di Douglas Hollis
Ci sono ricordi di concerti e session in studio che vorresti condividere con noi?
-Con Acqua Fragile facevamo questo numero acustico dal vivo e io stavo battendo la gamba e il piede sinistro sul legno del palco per fare più suono nell'intro strumentale. Ho continuato poi a spingermi in avanti ma, accecato dalle luci di scena, sono caduto dalla piattaforma asimmetrica giù in un rettangolo buio. Non sono mai stato un grande atleta, ma sono risalito e in velocità sono ritornato all'asta del microfono, giusto in tempo per cantare. Eppure, tutti, compreso il resto della band, pensarono che fosse un atto teatrale pianificato.
-Prima di entrare a far parte della PFM,
loro avevano già lavorato con un altro bravo cantante, Ivan Graziani, la cui
voce non era così potente ma che poteva arrivare a alcune note piuttosto alte.
Tre giorni prima di andare in studio per registrare “Chocolate Kings”
cambiarono idea e mi vollero a Milano.
La mia audizione svolse nell'appartamento
del condominio dove abitava Franco Mussida. Lui e Flavio Premoli erano ansiosi
di scoprire se potessi prendere quelle note lassù, cosa che ho fatto
prontamente, ma il volume del mio canto risultava piuttosto esagerato.
Tutti erano preoccupati che i vicini si lamentassero, quindi afferrai un cuscino dal divano e lo tenni premuto sulla bocca durante l'audizione!
-Di nuovo con la PFM: mentre stavamo
registrando “Jet Lag”, a Los Angeles, sforammo il tempo in studio, quindi
l'intera band decise di trasferirsi a Londra con un accordo equo agli Scorpio
Studios.
Il nostro volo in classe economica da
Milano a Luton era in ritardo così furono le 2 del mattino quando prendemmo
l'autobus dall'aeroporto alla città.
Franco si rivolse alla band: “Ehi
ragazzi, non è forse vero che abbiamo prenotato lo studio per 24 ore al giorno?
Perché perdere tempo a fare il check-in in Hotel. Andiamo in studio e iniziamo
a portare a termine il lavoro!
Così, alle 3 del mattino, suonammo il
campanello allo Scorpio. Il tecnico del suono venne alla porta.
Qualcuno chiese: "Possiamo montare e
iniziare a registrare?". “Mi dispiace - disse il responsabile -,
l’assistente (all'epoca vitale perché azionava il registratore a 24 piste) non
sarà qui fino alle 8 del mattino”.
“Ebbene” - insiste Franco - “avete un
microfono?”. "Oh, certamente sì" annuì l’uomo dello Scorpio”.
Franco si girò verso di me e mi ordinò: “Bernardo vai e canta!”
-Un bravo tecnico del suono, abbastanza giovane, mentre registrava la mia voce, recentemente mi è stato riferito abbia detto: "Sapevo che c'erano cantanti come lui (il sottoscritto) ma, per me, questa è la prima volta che non ho bisogno di usare compressori e autotuning!"
Come pensi di essere cresciuto come artista da quando hai iniziato a fare musica?
Qualcuno ha detto che la maggior parte
della musica che tutti noi ascoltiamo e di cui parliamo è solo un insieme di
"linee monofoniche assemblate accidentalmente". Chiunque può pensare
e relazionarsi a una singola linea musicale. Una nota alla volta, passo dopo
passo, e raggiungi il tuo obiettivo.
Come nella mia pittura, nella musica sono
un autodidatta, quindi non mi vedo come un musicista ortodosso con l’orecchio
assoluto e tutto il resto, ma ho un certo gusto e cultura musicale, rispetto
per i grandi artisti, una forte volontà di osare e ho tanta voce.
Quando ho iniziato, stavo facendo le cose senza sapere perché, ma ora posso dire che le stavo facendo giuste.
Che cosa è rimasto del tuo processo di creazione musicale da solista in "Horizontal Rain"?
Faccio riferimento a diversi tipi di
musica e il Progressive Rock ne accoglie molti.
Dopo Vox 40, il concerto per festeggiare i miei 40 anni in musica svoltosi nel 2013, pensavo di essere pronto per una nuova sfida. Anche in questo caso, però, la mia passione per l'esplorazione e la sperimentazione, non solo con le note, è rintracciabile in tutti i brani di “Horizontal Rain”.
Cosa ti manca di più oggi della musica del passato? Quali sono le tue speranze e paure per il futuro?
Incontrare altri ragazzi con spirito
simile, ritrovarsi in un garage, formare una band, andare in tour... mi manca
questo, non solo per me stesso ma anche per i miei colleghi musicisti.
Riguardo alla tua seconda domanda, In
Italia, diciamo “navigare a vista” cioè: essere pronti a tutto ciò che si
presenterà davanti, ai lati, da dietro, da sott'acqua o giù dal cielo…
Nessuno può dire come sarà la vita nel
prossimo futuro.
Come tutti quanti, anche gli artisti dovrebbero prendersi cura di sé stessi e proteggere e sviluppare sempre di più la loro arte. Sono chiamati a un impegno maggiore perché la politica e la scienza…
Quali furono le ragioni che fecero dell'Italia degli anni '70 il centro delle sperimentazioni Progressive/Art Rock?
In Italia, prima degli anni '70, non
c'era niente di quello che noi chiamiamo “Band”.
Sì, avevamo gruppi di strumentisti a
supporto di cantanti più famosi e popolari, ma questi complessi non scrivevano
la loro musica e i loro testi, non erano responsabili degli arrangiamenti e, il
più delle volte, neppure suonavano nei loro dischi, poiché il lavoro veniva
svolto da sconosciuti e anonimi session man.
Negli anni '60, si affacciarono alla scena molti “gruppi Beat” con singoli che erano semplici cover di canzoni americane o britanniche, con parole italiane.
Tutto cambiò quando, nel 1971, il gruppo
“Le Orme” ebbe l'opportunità di uscire sul mercato, pubblicando un album con
brani originali tutti scritti e registrati dalla band stessa.
Il Progressive Rock (in Italia era,
stranamente, chiamato “Pop”) stava prendendo forma in Gran Bretagna e tutti
sentivano che gli inglesi lo stavano facendo nel modo giusto.
Così, anche per contrastare la musica
squallida trasmessa alla radio e alla tv dalla RAI nazionale, la maggior parte
dei musicisti e degli artisti italiani voleva formare una band o farne parte.
L’Italia fu presa d’assalto e le case
discografiche impazzivano, mettendo a contratto band con nomi improbabili per
registrare concept album insoliti, a volte pretenziosi, e promuovendo
spettacoli dal vivo in cui il palco affondava in ogni sorta di strumentazione e
attrezzatura …
Dal punto di vista artistico e tecnico,
le tastiere erano la grande novità e per suonarle correttamente, di solito,
occorreva avere una formazione classica. I testi erano affidati al componente
più scolarizzato del gruppo e l'artwork per la copertina dell'album richiamava nuovi
artisti.
Anche se i giovani erano comunque più
interessati al rock dell'epoca, da un punto di vista interessante, la
Progressive Music potrebbe essere vista come una continuazione dell'Opera in
forma elettrica...
Successe poi che i partiti della sinistra e extra-sinistra, agitando questioni politiche, cercarono di assorbire o influenzare l'intero movimento in quanto tutto formato da giovani per i giovani, ma la loro azione finì per causare un grave disturbo per qualsiasi possibile e valido sviluppo. Comunque, questo è un argomento completamente diverso…
Quali sono alcune delle lezioni più importanti che hai imparato dalla tua esperienza nei percorsi musicali?
Come mio “fratello americano” - uno dei ragazzi della famiglia che mi ha ospitato - Mike Doc Martin, musicista da una vita, da poco ritiratosi dalla musica, mi ha detto, alcuni anni fa: “Non importa cosa produci in musica, se metti giù le note, scrivi i testi, che tu sia un arrangiatore, fino ad essere un cantante solista o un personaggio di spettacolo, per le tue pubblicazioni, registrazioni e concerti live avrai sempre bisogno di una distribuzione ed è lì che la musica cambia e la trama si infittisce…”
Quando si forma o si entra a far parte di
una band, è importante documentare la proprietà del nome e del logo, nonché
chiarire rapporti tra ciascun membro della band per garantire un accesso equo
ai contratti di registrazione e pubblicazione.
So che suona lontano dall'arte, ma gli
affari sono affari anche nella musica.
Mi intristisce venire a sapere dei figli
e delle figlie di genitori musicisti, i quali sono deceduti senza aver mai
chiarito i maggiori e veri aspetti finanziari del loro passato, prezioso,
onesto lavoro.
E ancora, l'apprendimento è un processo
aperto, quindi non smettere mai di esercitarsi, sperimentare e studiare.
Il successo non è automatico per nessun artista. Il duro lavoro e la fiducia in quello che stai facendo aiutano ad andare avanti. Gli alti e bassi sono tutti nel quadro, proprio come la rappresentazione grafica dell'onda sonora.
Qual è l'impatto della musica sulle implicazioni socioculturali? Come vuoi influenzare le persone?
Oggi non c'è un tale impatto. La musica è
per lo più il risultato di suoni sovrapposti in sottofondo tollerati pur di
evitare di affrontare il minaccioso Silenzio...
Ho già scritto che il fare musica, in
fondo, deve essere sempre divertente, mentre quando si ascolta musica entrano
in azione altri meccanismi senza alcun filtro, per tutta l'umanità.
Per rispondere alla tua domanda sul
“colpire, influenzare le persone”, vedo suoni e silenzi organizzati, insieme
alla poesia verbale, lì per allineare pensieri e sentimenti al fine di
trasformare e convertire il dolore e l'ansia, la conoscenza e l'ingenuità in
nobili costruzioni simboliche.
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