50 anni fa moriva Jimi Hendrix, ed è naturale proporre dei ricordi
di un artista che ha lasciato il segno nel mondo del rock, un innovatore del
suo strumento - la chitarra elettrica - per il cui sviluppo il musicista di
Seattle fu fondamentale.
Il portale VIVOUMBRIA.IT si è rivolto
ad alcuni “esperti di settore”, e si può usufruire dell'articolo originale cliccando sul seguente link.
Tra gli intervistati troviamo
Bernardo Lanzetti: questo il suo pensiero estrapolato dall’articolo:
“Nell’estate del ’67 ero a Londra; dormivo in una specie di Ostello a Notting Hill e per alcune settimane avevo lavorato in un ristorante a Leicester Square. Prima di ripartire per altre città europee vissi l’esperienza di immergermi in un mondo di musica, moda e socialità rimasto unico e singolare.
I Beatles erano usciti con “All You
Need Is Love”, subito dopo “Sgt. Pepper’s”, alcuni degli Stones erano stati
arrestati per droga, Jack, Ginger ed Eric si presentavano con “Fresh Cream” e i
Pink Floyd con Syd Barrett suonavano “See Emily Play”.
Di giorno passavo molto tempo con una
fauna variegata di artisti, hippies, musicisti di strada, tra Soho e St.
James’s Park dove per la prima volta sentii parlare di “Hey Joe” e quindi di
Jimi Hendrix e del suo album Are you experienced.
Ricordo quando andai per acquistare
quel disco in un negozio famoso in cui era possibile ascoltare la musica
desiderata in cuffia ma in grandi cabine con finestre che davano su Piccadilly
Circus.
Ecco, la puntina scava nel primo
solco, Jimi sfrega il suo plettro, di costa, perpendicolarmente a tutte le
corde, giusto all’inizio del manico (solo anni più tardi fui edotto circa
questa diavoleria), sembra si inneschi un larsen o forse un disco volante
atterra sul traffico londinese e “Foxy Lady” incontra il Cupido sulla fontana.
Tolgo le cuffie, esco concitato dalla
cabina e urlo al ragazzo alla cassa: “LO COMPRO!”
Ho molto amato Hendrix, per tutto
quanto era e per tutto ciò che ha fatto. Il suo grande genio innovativo, il suo
ammirato rispetto per il passato, i colori e il sorriso che indossava, la
leggendaria chitarra “sbagliata”, i testi dei suoi capolavori e persino il suo
modo di cantare e masticare il chewing gum.
Confesso di non aver capito,
all’epoca, l’inno americano suonato a Woodstock ma rivivo la commozione e lo
sgomento quando, nel mio girovagare, da una radio texana appresi della sua
morte, come a suggellare che lui non era di questo mondo”.
Ho amato Hendrix ...molto bella la tua descrizione e de quei tempi
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