PFM contro l’utilizzo tv di “Impressioni
di settembre”
Diritti d’autore sulle orme di Lucio Battisti
La sfida dell’ex voce solista della
più celebre band italiana di rock progressivo
ARTICOLO ORIGINALE DI MICHELE BOVI SU HUFFPOST
“La collina dei ciliegi” e “Il nostro caro Angelo” non possono diventare temi di sottofondo per la pubblicità di una marca di pannolini o per un documentario sulla spiritualità del creato. Questa è da anni la principale materia di conflitto tra gli eredi di Lucio Battisti, che intendono conservare il diritto di autorizzare o negare lo sfruttamento commerciale del catalogo, e Mogol che invece ritiene insensatamente antieconomico vincolare quei brani, da sempre tanto apprezzati dal mercato, dei quali ha scritto i testi.
La Premiata
Forneria Marconi, il più importante gruppo nella storia del rock
progressivo italiano, ha invece rinunciato a quel diritto, che spetta ai veri
proprietari delle canzoni: i discografici e gli editori musicali.
Una situazione comune alla stragrande maggioranza degli esecutori: compongono, cantano, suonano ma non hanno voce in capitolo sullo sfruttamento commerciale delle proprie opere dell’ingegno. Lo hanno ammesso i leader della PFM che comunque non hanno risparmiato critiche all’utilizzo di “Impressioni di settembre” come tema musicale della miniserie televisiva di Sky dedicata alle terribili cronache di 40 anni fa del piccolo Alfredo Rampi (le prime 2 puntate sono andate in onda lunedì scorso, altre 2 sono programmate per lunedì 28).
La canzone è del 1971 e la compose il
chitarrista Franco Mussida con il testo firmato dal violinista e flautista
Mauro Pagani assieme a Mogol.
“Il nostro brano è nato come inno
alla libertà, alla felicità, alla gioia, sentimenti opposti alla tragedia di
Vermicino” hanno comunicato i musicisti. La risposta della Lotus, la società
produttrice della serie televisiva Alfredino, una storia italiana non si è
fatta attendere: “È tutto in regola, i diritti di Impressioni di settembre
sono stati concessi dai legittimi proprietari”. È vero, come pure è vero che
gli stessi componenti della PFM erano stati avvertiti dai discografici della
Sony e dagli editori musicali della Universal riguardo alla scelta. E soltanto
per pura cortesia: i musicisti, infatti, non hanno in proposito alcun potere
decisionale. Ma così Franco Mussida e Franz Di Cioccio, a nome della band che
ha rappresentato una svolta sostanziale nella musica italiana, almeno si sono
tolti la soddisfazione di attestare “non siamo d’accordo”.
I profitti di Bernardo Lanzetti
Per somma fortuna di Sony e Universal in “Impressioni di settembre” non c’era lo zampino di Bernardo Lanzetti, voce solista della Premiata Forneria Marconi dal 1975 al 1979, che a proposito della nota della PFM chiosa: “Condivido pur se sono totalmente estraneo alla registrazione di quel brano che, in origine, era stato scritto e arrangiato in Re minore. Le versioni che mi vedono fortunato interprete sono successive e si distinguono per la nuova tonalità, Mi minore, più alta di due semitoni e più consona a una ambientazione Rock”.
Lanzetti è un “battistiano”, ovvero uno di quelli che sui diritti degli autori e degli esecutori affrontano ogni tipo di sfida e di battaglia. Ne sanno qualcosa la stessa Sony e gli ex colleghi della PFM. Nel corso degli anni Novanta il mercato discografico ripropose, distribuiti dalla Sony, “Chocolate Kings”, “Jet Lag” e “Passpartù”, i tre album della PFM interpretati da Lanzetti, citato nei crediti ma ignorato dai profitti delle vendite. Ne scaturì una vertenza giudiziaria durata sei anni.
“I proventi andavano alla società
Madimud, costituita originariamente dal manager Franco Mamone coi musicisti Di
Cioccio, Mussida e Patrick Djivas, e in seguito passata ad Anita Ferrari, prima
moglie di Di Cioccio. – racconta Lanzetti – La Madimud ha continuato
sistematicamente a ignorare la mia figura di esecutore, fintanto che il
tribunale civile di Milano la condannò al pagamento dei diritti, raddoppiando a
mio favore le somme ricavate dai tabulati che la società era stata costretta a
produrre, nonché delle spese di giudizio”. Da allora ad amministrare la
Madimud è la coreografa Iaia De Capitani, seconda moglie di Di Cioccio: “Donna
di impareggiabile correttezza – dice Lanzetti – mai più avuto problemi”.
Causa per plagio contro Busta Rhymes
Sony e Universal sono invece
coinvolte con Bernardo Lanzetti in un’altra vicenda davvero clamorosa. Il
cantautore, oggi settanduenne, continua a incidere: ha appena pubblicato
l’album “Horizontal Rain” e, per tenersi in esercizio con le
rivendicazioni del diritto d’autore, sta sostenendo una causa di plagio contro
Busta Rhymes, uno dei più popolari artisti hip hop statunitensi.
Prima della sua esperienza con la PFM,
Lanzetti aveva vissuto e studiato in Texas e una volta ritornato in Italia era
stato il cantante del gruppo di rock progressivo Acqua Fragile che nel 1974
aveva pubblicato per la Ricordi l’album “Mass Media Stars”. Tra le
tracce del disco c’è “Cosmic Mind Affair”, brano composto dal batterista
del gruppo Piero Canavera con il testo di Lanzetti.
Nel 2001 Busta Rhymes conquistò il disco di platino con l'album “Genesis”. “La canzone che dà il titolo all’album con il testo a firma dello stesso Busta Rhymes – accusa Lanzetti - è in realtà il campionamento di “Cosmic Mind Affair” degli Acqua Fragile, musica inalterata con il testo palesemente manipolato: cambia qualche parola, identiche le rime. Siamo venuti a conoscenza di quell’incisione nel 2012. Da allora stiamo combattendo contro un rapper che diventa sempre più famoso e soprattutto contro i mulini a vento dei padroni della musica mondiale”.
I problemi sono diversi: la casa
discografica Ricordi di “Cosmic Mind Affair” è oggi diventata Sony e le
edizioni Ricordi sono state cedute a Universal Italy. Così come l’etichetta
discografica di “Genesis” è condivisa dalla Sony, mentre Universal Music
condivide le edizioni del disco sotto accusa. Insomma, i proprietari di ambedue
le canzoni risultano gli stessi.
Gli introvabili rapper afroamericani
“In questi anni abbiamo cambiato quattro legali, che si sono arresi davanti a risposte negative e spesso insolenti, o a richieste esorbitanti di spese anticipate da parte di colleghi americani per istruire la causa presso gli uffici giudiziari di riferimento. – spiega Lanzetti – Finalmente l’ultimo, l’avvocato Giorgio Tramacere di Brescia, è riuscito a ottenere un incontro con Sony e Universal che hanno riconosciuto il problema ma hanno altresì confessato di trovare difficoltà nell’individuare gli effettivi responsabili”.
Gli ostacoli sono evidenti: i
coeditori di “Genesis” risultano dieci, alcuni di loro sono autentici rapper
afroamericani faticosamente rintracciabili per le citazioni in giudizio. Ma
soprattutto il dilemma investe i produttori. Sono due: Busta Rhymes e il
discografico Clive Davis, attualmente chief operator alla Sony USA.
Proprio come Davide contro Golia.
Ma il “battistiano” Bernardo Lanzetti
non molla. E insiste nel puntare a un’impresa, quella di vincere una causa per
plagio in un tribunale degli Stati Uniti, mai riuscita a un artista italiano.
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